Dal 5 aprile 2001

ORIENT EXPRESS

libero adattamento di Vincenzo de Falco
da "Murder on Orient Express" di Agatha Christie

con
(in ordine di apparizione)


 Peppe Celentano (Hercule Poirot)
Raffaele Esposito (Dr. A. Christie)
Giuliana Sepe (Mary Debenham)
Luciano Nozzolillo (Arbuthnot)
Bruno Minotti (Pierre Michel)
Gabriella Cerino (Martha Hubbard)
Andrea De Rosa (Hector MacQueen)
Rossella Serrato (Natalia Dragomiroff)
Diana Del Monaco (Elena Andrenyi)
Sasà Trapanese (Cyrus Hardman)
Alessandra Lagozino (Hildegard Schmidt)
 

Regia di 

Peppe Celentano

Mai prima d'ora Assassinio sull'Orient Express era stato trasformato in un testo teatrale. Serviva, probabilmente, il luogo adatto. E lo si è trovato. La Galleria del Giallo e del Mistero diventa una fedele riproduzione del mitico treno: entrerete nella carrozza ristorante, attraverserete un pezzo di storia e vivrete per qualche ora nella magia del vagone Istanbul-Calais, in compagnia di Poirot e dell'assassino, che potrebbe sedere proprio accanto a voi...

E se Poirot perdesse la sua infallibilità? Se tutto d'un tratto non riuscisse più a distinguere il sogno dalla realtà? Cosa accadrebbe se Poirot si sottoponesse ad analisi? 

Da questa "folle" idea prende il via Orient Express, la riduzione teatrale del classico di Agatha Christie. A guidare Poirot nella ricerca di se stesso e della verità uno strambo psicanalista che non poteva che chiamarsi "Dottor A. Christie".

 

 

RECENSIONI

Da Il Quotidiano di Benevento, 9 maggio 2001

Si può definire coinvolgente ed appassionante uno spettacolo di cui si conosce perfettamente la trama e, soprattutto, il colpo di scena finale?
Esistono, è vero, "gialli" che tengono il fiato sospeso ogni volta che si ammirano, ma bisogna essere maestri del calibro di Alfred Hitchcock se si opera nel cinema oppure, se si lavora in campo teatrale, stravolgere il copione ed affidarsi a regie che facciano sensazione. È davvero l'unico mezzo per attrarre nuovi spettatori e, in particolar modo, affascinare anche chi abbia già visto lo spettacolo o ne conosca bene la trama?
No: con Orient Express un simile "miracolo" teatrale viene raggiunto con una tecnica semplice (in teoria, ma di complessa realizzazione): coinvolgere gli spettatori facendoli sentire parte della rappresentazione.
Da Pirandello a Brecht, fino alle avanguardie teatrali questa via è stato sperimentato, non sempre con successo. L'autore tedesco voleva che la scenografia dell'Opera da quattro soldi continuasse in platea e che un poliziotto passeggiasse tra il pubblico; ma ben prima di lui il grande Pirandello aveva creato una trilogia metateatrale (Sei personaggi in cerca d'autore, Ciascuno a suo modo e Questa sera si recita a soggetto) in cui alcuni spettatori (o finti tali) venivano coinvolti in prima persona nel rapporto con ciò che succedeva sulla scena.
Due esempi di alto livello che non è sempre facile eguagliare, perché la ripetitività o la caduta nel banale è sempre alle porte (pensiamo a Visita ai parenti oppure a Il contagio, presentati lo scorso anno a "Comico… e non solo" e a "Città Spettacolo"): due chiari esempi di come una collocazione inusuale per gli spettatori, trasformandoli in "co-attori", non sempre riesca a salvare uno spettacolo di per sé deficitario.
Con Orient Express siamo di fronte ad un lavoro che ha, nella sua costruzione, aspetti davvero geniali. Innanzitutto viene abolita la distinzione scena-platea e, grazie alla struttura della "Galleria del Giallo", in cui lo spettacolo è allestito, lo spettatore si trova a sentirsi un passeggero del mitico treno. Al posto dei biglietti vengono date le contromarche relative ai tavoli dello scompartimento ristorante; ci si siede (magari sorseggiando una bibita) e si assiste all'andirivieni dei personaggi coinvolti nel famoso affaire Armstrong (il trasvolatore oceanico dello Spirit of St. Louis). Alle pareti le tele di Antonio Molino ripropongono paesaggi colti in fuga da un finestrino, mentre la musica che scandisce il susseguirsi delle varie scene mima lo sbuffare di una locomotiva a vapore.
Il viaggio prosegue, tra colpi di scena a ripetizione e anche chi ha già letto il libro di Agatha Christie o visto il film di Sidney Lumet non rischia certo di annoiarsi: pure se dovesse ricordare quasi a memoria le battute di Hercule Poirot sarà comunque spiazzato dalle varie trovate che l'ottima regia di Peppe Celentano e l'adattamento di Vincenzo de Falco hanno ideato per rendere sempre e comunque avvincente il dipanarsi dell'azione. Non stupisce che mai nessun regista si sia avventurato nella drammatizzazione del romanzo della Christie: si direbbe che l'unica maniera di metterlo in scena (o in una non-scena) fosse realizzabile negli spazi della Galleria del Giallo e del Mistero.
Venendo all'interpretazione, notevole è quella dello stesso Peppe Celentano (nel ruolo dell'investigatore belga) attorniato da ottimi comprimari: Raffaele Esposito nel ruolo dello psicanalista che cura un vecchio affaticato Poirot e Bruno Minotti in quello del capotreno, Gabriella Cerino (primadonna della compagnia stabile del Giallo e del Mistero), Rossella Serrato (proveniente dalla compagnia di Luigi De Filippo), Luciano Nuzzolillo, Sasà Trapanese (già tra i protagonisti dello sceneggiato Rai L'eredità della priora), Andrea De Rosa (che tornerà ad interpretare il Principe di Sansevero nello spettacolo che andrà in scena in piazza San Domenico il due giugno prossimo) e le giovani e promettenti Diana Del Monaco, Giuliana Sepe e Alessandra Lagozino.
Ma Orient Express non è solo un capolavoro della suspense: si tratta anche di un romanzo (e quindi di un dramma) portatore di una ben precisa morale, che va oltre il classico "che la giustizia trionfi". A differenza di alcuni, moderni ispettori, Poirot scopre il colpevole di un delitto, ma non lo consegna alla polizia perché riconosce nel suo agire una giustizia superiore, che supera i codici, di ispirazione naturale (per non dire divina): proprio da questa "rimozione" nasce la particolarissima cornice entro cui si svolge l'azione, con il detective belga che, a distanza di decenni, cerca di ricordare come si svolsero i fatti sul treno che da Istanbul lo riportava in Europa sdraiandosi appunto sul lettino di uno psicanalista, il dottor… Christie!
A proposito di quest'ultimo, nella sua figura viene irrisa deliziosamente la scuola freudiana, che si ostina a pretendere di vedere nella realtà solo una proiezione della fantasia - di certe fantasie - e interpreta ogni elemento alla luce delle tabe sessuali: il treno è, ovviamente, un simbolo fallico; la galleria il suo corrispondente femminile e via discorrendo. Lo sforzo mnemonico di Poirot rappresenta quindi anche il ritorno alla realtà, molto più piana delle ricostruzioni psicanalitiche e non a caso l'interpretazione cui giunge il dottor Christie si rivelerà completamente - ma proprio completamente - sbagliata.
Come avverrà in Sipario, l'ultimo, tristissimo romanzo di Poirot, in cui il protagonista appare ancora lucido, ma ormai vecchio e malato, ci si trova di fronte alla impossibilità di far trionfare la giustizia ordinaria (e, sia pure di sfuggita, in questo Orient Express c'è un accenno, una premonizione ai casi di Sipario). Una scelta coraggiosa, dunque, quella de "Il Pozzo e il Pendolo": sia dal punto di vista drammaturgico che da quello ideologico. Ma una scelta premiata con gli applausi convinti del pubblico e la necessità di prenotare la poltrona, pardon, il tavolo al vagone ristorante.

Gianandrea De Antonellis


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Vincenzo de Falco